Voci di notte

Il vecchio letto a soppalco scricchiolava mentre la cervicale lo costringeva a rotolare su se stesso.

Come se non bastasse aveva dimenticato la tapparella alzata e quel maledetto lampione gli indicava la faccia come un faro da teatro.

Quindi anche questa, come ogni altra notte insonne, lo portava a ripassare i suoi dispiaceri in quel televisore scassato che tutti abbiamo nella testa.
Poi l’inaspettato ricordo felice, una sua lontana ex ragazza, quella solare e magica che vedeva tutto con occhi di poesia, era stata la prima capace di insegnargli a sognare.
Quanto gli mancava, non ne parlava mai, dopotutto erano fatti suoi, a chi altri poteva interessare.
Tornando indietro l’avrebbe mai lasciata andare? Quanti al posto suo avrebbero fatto la sua stessa scelta?

Eccolo li, improvvisamente tramutato in rimpianto.
Quell’anno oltre che la fidanzata perse la possibiltà di un lavoro ben pagato, la sua insicurezza continuava a mettergli i bastoni tra le ruote, ma prima prima di poter approfondire si accorse di avere sete, e di aver lasciato la borraccia in cucina.

Per 5 minuti buoni tentò di convincersi che la sete non fosse un motivo sufficiente a spingerlo giù per la scaletta traballante e attraversare la casa in cerca di acqua.

Decise di partire per la spedizione, ma non senza sbuffare o trattenere bestemmie mentre inciampava nelle cose che i coinquilini avevano appositamente lasciato lungo il buio corridoio.

La luce della cucina lo accecò e dopo qualche secondo riuscì ad aprire gli occhi per leggere l’ora sul grosso orologio da muro: Le 4! “Un’altra notte insonne” sospirò, e sciabattando si avvicinò al tavolo per prendere la borraccia dimenticata.

Ma qualcosa si mosse, uno scarafaggio delle dimensioni di un dattero zampettava sulla superficie.
“Cazzo!!” urlò a bassa voce per non svegliare l’intero palazzo, ma abbastanza forte da farsi sentire dall’insetto, che un poco di risentito esclamò:
“OH scusa! Io però non ho detto nulla quando ti ho visto entrare con quei capelli.”

“Eh ma io ero a letto, e a letto si è per lo più spettinati, trovarti sul tavolo invece non è normale.”

“Ma che ne sai, io qui ci vengo a ballare tutte le notti mentre voi altri dormite. Tu piuttosto non dovresti stare in cucina alle 4 di notte.”

Pensò che aveva ragione, ma ormai era li, quindi prese una sedia per continuare la conversazione più comodamente.

“Dopo 5 anni pensi ancora a lei vero?” disse lo scarafaggio, lui prese un sorso d’acqua e non disse nulla.
“e magari pure a tutti i lavori che hai mandato a puttane da quando hai finito l’università”

Questa blatta sapeva troppo, eppure non ricordava di averci mai chiacchierato prima.
“come diavolo sai queste cose??”
“Scusa ma a cosa credi che servano le antenne? sono il nostro sesto senso, sappiamo sempre a cosa pensate, per questo è così difficile schiacciarci al primo colpo.”
Quella conversazione stava diventando più istruttiva del previsto.
“E se vuoi un consiglio, credo che sarebbe ora di darti una svegliata”
“eh! lo so’, son anni che me lo dico.”
“No davvero ascoltami, devi darti una svegliata o farai tardi al lavoro!”
ci pensò un secondo e disse “Ma sono le quattro, al massimo dovrei dormire non svegliarmi”

“No, non hai capito” Agitò le antenne con forza e urlò “SVEGLIATI!”

Aprì gli occhi, guardò il cellulare, erano le nove.
Stava davvero facendo tardi al lavoro.

Il lungo addio

Solo qualche ora fa’ i miei colleghi più consumati mi avevano dato una dritta molto importante:

Non ti dilungare con gli anziani, e attento alle vedove, ma solo se vuoi superare il periodo di prova ragazzo!
Ma non li ascoltai, diedi fiducia a mia madre invece, che ripete sempre “con quella lingua venderesti un’anguria persino ad un’aragosta!”

Ma erano già le 15 e 48, e visto che uscire da questo appartamento stava diventando parecchio complicato, mi annotai mentalmente di ridimensionare un po’ il mio ego, non mi andava di riprendere a scaldare il divano dei miei genitori.

_Vedo che ha già finito la sua tisana, ne vuole un’altra tazza?

_No, la ringrazio… e quindi se davvero non le serve nulla io la lascerei…
_E i biscottini? che fa i complimenti? li mangi, li mangi pure tutti.

Ero seduto su questa poltroncina dagli sbiaditi motivetti floreali da più di 1 ora, e ancora questa diabolica vecchietta non voleva saperne di cedere.

_Le ho già mostrato questo nuovo prodotto per disinfettare il frigorifero?
_No, ma per quello io uso l’aceto, da quando nel 52 mio padre comperò il nostro primo congelatore.
_hmm capisco… e allora questo nuovo prodotto per il viso?
_Uso l’amido di riso.
_Questo invece è un ottimo emoliente per il corpo
_Olio d’oliva.

_Deodorante per armadi?
_Malva.

Maledetti rimedi di sta nonna, pensai, devo andarmene da qui, e di corsa.
_Ma lo sa che mi ricordi tanto Tonino, non sarà il nipote di Tonino?
_Mi spiace signora ma io sono di Milano, non non credo di conoscere nessun..
_AH! Milano, io e il mio Aldo ci andavamo sempre negli anni 70.

Mentre la signora raccontava con trasporto le sue scorribande giovanili, io senza interrompere il contatto visivo, moolto lentamente cominciai a rimettere prodotti e campioncini nella valigetta.

_signora mi duole interromperla ma io…
_Si? Le preparo un’altra tazza?

Improvvisamente un’idea.
_Sa, ho cambiato idea, mi andrebbe proprio.

_Che bellezza, allora vado subito a mettere l’acqua sul fuoco!

Con passo lento ma deciso la vecchina si avviò verso la cucina, e appena varcata la soglia balzai in piedi correndo verso l’uscita.

Ma entrando non avevo notato il sistema di catene e catenacci che separava quell’appartamento da malintenzionati o il resto del mondo.

Afferrai a caso uno dei 5 pomelli della porta e cominciai a tirare, prima in una direzione poi nell’altra. niente, non si muoveva.

_Ancora Karkadè? L’anziana proprietaria chiedeva dalla cucina.

_Sarebbe magnifico! Urlai tentando di nascondere l’agitazione.

Strattonai altri due pomelli, una maniglia e un catenaccio ottenendo lo stesso inutile risultato.

_Allora ci siamo quasi! Esclamò di nuovo.
Preso dal panico mi guardai attorno in cerca di qualcosa di utile, ma l’unica ad attrarre la mia attenzione fu un largo mobile in radica e vetro con sopra svariati centrini e quello che sembrava un albero genealogico formato da foto feline incorniciate e con al centro il ricordino di un signore pelato con gli occhiali e un sorriso stanco.

Feci un profondo sospiro rassegnato, e mi rimisi ad aspettare la terza tazza di karkadè sulla poltroncina a fiori.